Come in FLASHDANCE, il traguardo per il giovane ballerino - talento "naturale" lo chiamano nel film - è quello di salire il gradino dell'affermazione sociale e artistica. Sfondare all'audizione, vincere la gelosia dei colleghi, governare i sentimenti oltre che la ragione per vedere finalmente il proprio nome brillare sulle insegne di Broadway. Nulla di particolarmente inedito, nulla che la meccanica hollywoodiana non abbia già rimasticato infinite volte.Quando il tema è risaputo si può tentare di guardarsi un po' attorno. Osservare le figure che fanno da sfondo, scavare nello sfondo medesimo, sforzarsi di rendere simpatici i protagonisti per influenzare (rendere credibile, approfondita psicologicamente, identificabile) una storiella fritta e rifritta. È quanto succedeva in FLASHDANCE; che difatti vale assai di più di quanto sia considerato dalla critica cosiddetta seria. Ed è quanto non accade per nulla in questo STAYING ALIVE; anche se i suoi autori (dal regista Stallone, lodato soprattutto per il suo rocky 2 allo status symbol John Travolta) furono fin troppo considerati dalla medesima critica seria.
Di queste immagini ritmo-musicate si dice di solito, tanto per cavarsi d'impiccio che sono ben filmate. Onestamente, non mi pare il caso: qualsiasi spot pubblicitario di livello superiore è fotografato e montato altrettanto brillantemente delle scene di danza di STAYING ALIVE. Della trama abbiamo detto: il nostro ragazzone esita tra la prima ballerina, celebre e oltretutto ricchissima che gli può facilitare la carriera. E la brava ragazza che milita fra le girl di secondo rango; che dà maggior affidamento in prospettiva futura svezzamento marmocchi, raccomodamento calzini. La sceneggiatura, anche in una faccenda così elementare è piuttosto sbilenca: gli andirivieni del Travolta da una all'altra diventano, oltre che incomprensibili, insopportabili (per noi: figuriamoci per le due poverette). Lo sfondo è quello che è: discoteche con i faretti rossi, laghetto ghiacciato di Central Park, grattacieli a Manhattan, casetta natale di Brooklin con la mamma dentro a preparare il dolce. Rimane John Travolta: lucido di sudore sui muscoli vaporizzati allo spray fra una ripresa e l'altra, spaventosamente costruito nello sguardo celeste spalancato o nella sculettata in jeans eseguita davanti allo specchio.
Concupito dalle febbricitanti del sabato sera, sballottato da un letto all'altro delle primedonne, occhieggiato da etero e homo, desiderato da signorine di buona famiglia e da figlie di buona donna, Travolta è un oggetto di consumo lussuoso e non posso dire quanto appetibile. Esattamente come una Sofia, una Brigitte o una Marylin di qualche anno fa. L'unica differenza sta nel fatto che lui è maschio; e quelle che lo rimirano e utilizzano, donne. In questo ribaltamento di una formula usata da sempre sta l'interesse di STAYING ALIVE. Che questo basti o meno a giustificare la spesa e l'impresa lo vedremo dalle classifiche d'incasso a fine stagione.